🇮🇹 I miei primi dieci anni a Berlino

No, non inizierò dicendo che "pare ieri" perché non lo pare affatto. Anzi, pare passata proprio una vita intera e sinceramente credo che questa allegoria si possa estendere ad un suo significato ancora più profondo.

Berlino mille anni fa. Mentre fuori piove male e soffia il solito vento vigliacco mi salta alla mente il fatto che siano dieci anni esatti che sono arrivato a Berlino. Dieci anni, centoventi mesi precisi durante i quali dentro e intorno a me, tutto è cambiato. In meglio.

Toscana - Berlino in slow motion. Feci il viaggio in treno per dare la giusta forte connotazione a questo "rito della separazione", il fatto fisicamente ed emotivamente importante di muovermi definitivamente da un posto all'altro, in cosí tanti modi distanti. Non avrei apprezzato il fatto con la stessa consapevolezza se solo avessi preso l'aereo. Portavo con me una valigia grande, una valigia piccola, uno zaino, una conoscenza approssimativa dell'inglese, una cieca, smisurata e incomprensibile fiducia nella cultura tedesca e soprattutto la certezza di aver preso la decisione giusta.

"Come sensazione iniziale, posso dire che al momento tutti questi vantaggi dell'efficentissima Germania non li ho visti. Prezzi, fogli di carta e tempistiche sono assolutamente paragonabili a quelli italiani. Inoltre l'impiegata della banca alla fine le coordinate bancarie me le ha scritte a mano su un foglietto." – da un mio post di dieci anni fa

A Berlino ho trovato tutto; ho trovato una persona fantastica con cui passo i miei giorni migliori, i più interessanti e stimolanti lavori della mia vita (e pagati bene), persone di tutto il mondo di cui essere onorato della loro amicizia. E poi la sensazione di limitless experience, le potenzialità infinite, i continui cambiamenti che non ti fanno annoiare mai.

Berlino è una città strana, brutta e impossible da definire e tutti coloro che tentano di farlo ci riescono solo in parte. Nel 2009, poco prima del mio arrivo, per qualche contingenza ed allineamento astrale buffo un po' di gente si rese conto del potenziale della città come "incubatore" di startup tecnologiche. Abbondante spazio a prezzi abbordabili, una situazione sociale depressa che il governo cercava in qualche modo di sanare anche strizzando l'occhio agli investimenti in queste giovani aziende, movimenti alternativi e artistici consolidati pronti ad attrarre e sedurre persone di talento da tutto il mondo per scrivere codice e fondare startup.

Berlino la nuova mecca tech d'Europa E io ero appunto uno di quelli lí, colpito dalla crisi del dopo-2008 come praticamente chiunque lavorasse in qualunque settore. Il fatto di avere dimestichezza con software e computer non aveva troppo valore in Italia dove tutte le energie erano comunque e soltanto concentrate nel risparmiare, mentre a Berlino c'era un forte appetito per sviluppatori software esperti, a cui venivano offerti salari decenti. Appetito che, va detto, nel tempo si è poi trasformato in fame rabbiosa.

Berlino simpatica, un po' goffa, decadente ma anche no. Berlino la fenice che si stiracchiava dopo essere risorta dalle ceneri del tempo che fu. Quel rapporto strano odio-et-amo con la DDR, il muro, le trabant puzzolenti, tutte cose tenute insieme per rimembranza, monito ma forse soprattutto per il turista; finché un giorno proprio quel turista dirà: "Quale muro, scusate?" e le cose dovranno cambiare di nuovo e Berlino si scontrerà contro il suo più grande paradosso: essere continuamente soggetta a cambiamenti mentre odia qualsiasi tipo di cambiamento. Berlino che senza l'attrazione del muro e degli "spioni della Stasi", si ritroverà senza un granché da offrire perché i soldi sono quelli che sono e gli investimenti (privati) arrivano solo per costruire altri palazzi bruttini e noiosi o l'ennesimo "museo di Bud Spencer".

Berlino soffia soffia soffia. La mia risposta standard a chi mi chiede come si faccia a resistere al tempo maligno e disgraziato di queste latitudini, è sempre stata che il problema è soprattutto la primavera. Che. Non. Arriva. Mai. Giungi a maggio, il tuo cuore italiano vede spiagge e sole ovunque, ma la frigida realtà è sempre intorno ai 10/15 gradi centrigradi. Negli anni la situazione è peggiorata: il riscaldamento globale ha reso gli inverni più miti (dimenticate ormai sono le settimane a quasi -20), le estati più corte e piovose e solo i settembri e gli ottobri più gradevoli. Il vento dal nord però è sempre costante e da un paio di anni abbiamo anche gli Sturm, le tempeste di vento, come quella di questa notte che si chiama Daniel, sceso violentemente a farci visita dal Baltico.

Berlino si armonizza, ma non ce la fa. La città delle mille contraddizioni e delle mille facce prova a darsi una sistemata, prova a dimostrare al mondo che ce la fa, tenta di convincere chi conta che può far parte del club delle città adulte; palazzi su palazzi, tutti uguali e simili a case di riposo cool per giovani adulti, in costruzione o appena costruiti, ecologicamente sostenibili, perfettamente insonorizzati, ottimamente climatizzati e poi internet non funziona, le poste continuano a lasciare i tuoi pacchi a gente a caso e se hai bisogno di risolvere un problema in un ufficio pubblico, beh a quel punto avrai due problemi. I prezzi degli affitti sono calci nelle palle, la disponibilità di appartamenti per quei "giovani talenti da tutto il mondo" (vedi sopra) è praticamente zero e la Schadenfreude è forte in chi ascolta i problemi dell'amica o amico che deve trovare un nuovo appartamento.

Berlino effimera dai ricordi sbiaditi; cammini per Berlino, per vie note e arcinote, e vedi sempre un proliferare di negozi diversi. Ed ogni nuovo negozio ha più che altro l'aria di un'installazione d'arte, un pop-up un po' fine a sé stesso, che lo guardi e la prima cosa che pensi è "chissà cosa ci faranno DOPO".

Berlino che tu sei un missile ma lo scudo energetico ti rimbalza; leggi sui gruppi di queste persone che vogliono venire qui, stanno per arrivare qui, iniziano a prendere in considerazione il fatto di trasferirsi qui e mentre leggo penso "Oddio, poveri". La Berlino pandemica è la Berlino che ha amplificato il peggio di sé stessa, almeno nei tempi post-muro. Piena di gente che se ne frega, succube di governetti che sanno solo imporre, vietare e cazziare, servizi pubblici che vanno in tilt alla prima incertezza, responsabili che non sanno pensare fuori dagli schemi che si sono autoimposti. Da inizio pandemia non si riesce ancora a prendere un appuntamento da nessuna parte, le disponibilità di qualsiasi servizio è alla meglio ipotetica e persino per persone che abitano qui da dieci anni qualsiasi faccenda che debba anche minimamente interfacciare il "pubblico servizio" sarà frutto di pena, incertezza, incontri con persone sgradevoli e scrittura di amari post nei loro blog.

Berlino non ti amo più; i primi due o tre anni a Berlino sono stati una sorta di vacanza o, meglio, una lunga luna di miele. Gli perdonavo tutto a Berlino, anche i suoi inverni bui, gli splendidi tramonti rosso fuoco di una bellezza che ti ammalia come anche le tiepide serate di settembre con le persone sedute lungo le rive dei canali a bere birra e che ti illudono di essere nel posto giusto al momento giusto. Poi arriva il disincanto, i sassolini nelle scarpe, le discussioni assurde con dottori e servizi vari; "Come si vive a Berlino?", continuano a chiedermi, "Si vive bene, non mi lamento". Che poi è vero, non mi sono mai lamentato troppo fino a poco tempo fa. La pandemia ha reso però chiaro una cosa: Berlino non è il posto adatto per spendere un periodo di crisi e più il periodo si allunga, meno la città ti saprà aiutare.

In una relazione tu cerchi rifugio in un momento di crisi, cerchi supporto, calore, sicurezze e questo Berlino non te lo offre. L'amore è finito ma la convivenza un po' scomoda continua.

Claudio